Alti freddi forti venti

By 2 Gennaio 2021Montagna

Salita ai laghi, 2 gennaio 2019.
Sveglia malinconica, mi sentivo un po’ sola. Coccolata e incoraggiata da Babette, dal suo abbraccio e dal suo sorriso.
Sapevo che andare a camminare mi avrebbe fatto bene e dunque sono andata verso i laghi, decisa a “conquistarli”, dopo che E. mi aveva spiegato bene il percorso invernale, fuori dal pericolo di valanghe.
Ne avevo già percorso un tratto qualche giorno prima con le ciaspole ai piedi, abbandonate quasi subito: mi sentivo goffa e impacciata, oltre a fare il doppio della fatica. Meglio i miei ramponcini, leggeri e fidati; e il mio bastone, recuperato nei boschi, bello come quello di Gandalf.
Sono passata dall’albero Drolo, e poi su tra i cespugli innevati di rododendri. Sotto il ruscello mezzo ghiacciato, sopra un cielo azzurrissimo e le montagne scintillanti.
Superata la parte boscosa sono arrivata in Paradiso (ero sempre viva però!). Una meravigliosa distesa di bianco luccicante, e di azzurro profondo.
Su in alto però tirava un vento terribile e non ero sicurissima della strada da fare perché non c’erano impronte e orientarsi in tutto quel bianco era difficile.
Ma era così bello…
Le raffiche di vento si verificavano a intervalli, erano molto forti e spazzavano via tantissima neve, dunque quando le vedevo arrivare, grazie alle nuvole di neve che si formavano e venivano verso di me, dovevo fermarmi, tenere giù il viso e, a volte, accucciarmi a terra. Ero così abbastanza indecisa sul da farsi, se proseguire o tornare indietro. In realtà non c’erano grandi pericoli: non era zona di valanghe e non c’erano dirupi, e il sole, un pochino, mi scaldava. A un tratto ho visto scendere uno sciatore di sci alpinismo che mi ha fatto un cenno di saluto tranquillo e ha proseguito. Ho deciso che potevo proseguire pure io, anche se nella direzione opposta; quell’incontro mi aveva tranquillizzata e avevo troppa voglia di arrivare alla meta.
Mi sono chiesta, in quel momento come in altri altrettanto impegnativi, se facessi tutto questo per me o per dimostrare qualcosa agli “altri”. Non sono arrivata a una risposta. Certamente, quel che provo in questi momenti è di una potenza e di una forza indescrivibile a parole: è Vita, e me ne sento nutrita, a ogni respiro.
Sono arrivata ai laghi che non erano più laghi, completamente ricoperti da ghiaccio e neve: un paradiso di luce, bianco e silenzio (a parte il fragore del vento).
Al riparo di una piccola roccia, sono riuscita a bere e a mangiare i due piccoli panini al formaggio che mi ero portata su, e la frutta secca. Avevo freddo, ma altrettanto bisogno di mangiare, prima di scendere.
L’ultimo l’ho finito camminando perché le raffiche del vento Matteo (di Buzzantiana memoria) mi sferzavano impietose.
La difficoltà della discesa è stata ritrovare il percorso fatto all’andata perché il vento aveva completamente cancellato le mie tracce e in quel deserto bianco era difficile orientarsi. Ma conoscevo molto bene il percorso e le gambe e la testa mi hanno condotta sulla via del ritorno senza problemi.
Arrivata in paese, infreddolita ma leggera e completamente appagata, l’anziana del villaggio mi ha invitata a casa sua a prendere il caffè. Ero così felice di questo invito (che, confesso, desideravo da un po’) che non ho fatto tanti complimenti.
Lì è cominciata una conoscenza preziosa, di un’anima bella e affine, nonostante la distanza di spazio e di tempo.

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